Quattro domande alla base del counseling: dove, che cosa, come e quando?

Un’esperienza formativa e di crescita personale

di Alessandra Petronilli

Ci sono esperienze significative, esperienze che rimettono al centro valori capaci di ridare senso all’esistenza, di orientare al benessere, alla condivisione, all’empatia e ad un ascolto sociale umanistico e rispettoso. Ci sono esperienze che dischiudono  cambiamenti di pensiero, nella comunicazione e nell’azione. La formazione in counseling è stata per me una di queste.

Durante un incontro dal titolo Il talento dell’ascolto a servizio di una professione, Mariangela Parisi ha affermato: «Il couseling è un dono che possiamo scegliere di fare a noi stessi e agli altri», ricordando questa frase mi sembra di attraversare i livelli relazionali propri del counseling e di rifarne esperienza. Il counseling è una relazione umana, è una relazione etica, è una relazione d’aiuto. Da queste dimensioni prendono forma diversi motivi per cui ritengo di aver fatto un dono meraviglioso a me stessa e agli altri nel momento in cui ho scelto di diventare counselor, di dedicarmi del tempo e degli spazi per una formazione insieme personale e professionale fatta di impegno, determinazione, coinvolgimento ed emozione.

Il primo motivo è il seguente:

  • Il counseling agevola un miglioramento della qualità della vita
  • In che modo:
  • consente di ritrovare o riscoprire la bellezza, la gioia, la fiducia in se stessi e negli altri;
  • dà forma ad un equilibrio fatto di libertà e responsabilità tra i diversi ambiti della vita quotidiana;
  • apre delle prospettive etiche, per se stessi e per gli altri nella misura in cui si fonda su abilità quali ascolto, empatia, autenticità e si fa impegno personale, professionale e sociale;
  • facilita il riconoscimento del proprio e altrui valore personale;
  • fornisce strumenti per far emergere energia e risorse: coraggio, forza, saggezza, entusiasmo, di cui abbiamo bisogno per crescere, per attraversare momenti critici, per proseguire con fiducia nella costruzione della nostra vita.

Le motivazioni elencate nascono dall’esperienza formativa e dal percorrere oggi i confini della pratica professionale di counseling, confini che voglio riassumere con quattro domande guida:

Dove? Che cosa? Come? Quando?

Le domande proposte sono nodi e spunti di riflessione per chi voglia fare il punto rispetto alla propria situazione, al potenziale di sviluppo della propria vita, alla realizzazione dei propri obiettivi e desideri, e seguire in questo modo alcuni passi della relazione di counseling.

In riferimento al dove il counseling mira allo sviluppo di una più chiara consapevolezza di sé e del proprio ambiente, dunque del “punto in cui si è” e delle relazioni con gli altri: con il proprio o la propria partner, con i figli, nelle relazioni di amicizia e professionali, rispetto alle varie reti d’interazione sociale:

Dove sono?

Qual è la mia situazione attuale? Che cosa sto vivendo?

In che modo parlo della mia vita, di quello che mi circonda e di cui sono parte?

Ci sono aspetti della mia vita che vorrei cambiare o migliorare?

Il che cosa si riferisce in particolare alla motivazione e alla responsabilità di ciascuno, per se stesso e rispetto alle proprie azioni, alle traiettorie e agli orientamenti di cui si compone la sua esistenza. In questo senso è possibile cogliere l’impegno di counselor e cliente nel tenere assieme consapevolezza e responsabilità, esplorazione e azione. Un impegno reciproco sostenuto dalla prospettiva chiara ed esplicita della promozione e del perseguimento di uno stato di maggiore benessere:

Che cosa voglio?

Quali sono i miei obiettivi? Che cosa voglio realizzare?

Il come richiama l’impegno nel perseguimento di obiettivi sempre più chiari, determinati e personalizzati (Carckuff 1987). Nel vivo del processo di counseling, sia esso un colloquio, un ciclo di colloqui individuali oppure un processo sperimentato in una sessione di gruppo, il counselor offre al cliente la possibilità di mettere a fuoco differenti angolature della propria vita e di sé, dunque nuove possibilità di azione a partire dalla scoperta e del potenziamento delle risorse personali, della consapevolezza emotiva e del grande potere trasformativo che la consapevolezza delle proprie emozioni, degli immaginari e dei vissuti corporei portano con sé:

Come agire?

In che modo voglio muovermi per la realizzazione di quanto desidero per me? Quali risorse personali intendo mettere in campo? Quali riferimenti vedo all’esterno? A quali risorse dell’ambiente posso attingere?

Il quando sottolinea l’importanza un chiaro confine del percorso di counseling, un confine temporale e spaziale che si faccia contenitore di un impegno reciproco, del cliente e del counselor, dedicato al cambiamento e alla crescita personale per il perseguimento di determinati obiettivi.

Il “quando” può anche essere inteso come metafora dei luoghi protetti e agevolanti il cambiamento e la crescita personale che ciascuno dedica a se stesso, siano essi i luoghi e i tempi delle relazioni di counseling oppure quegli spazi della vita in cui ci si dedica dei momenti per sé, in cui prendersi cura di sé:

Quando?

Qual è il tempo che dedico a me stesso?

Quali momenti e spazi dedico alla mia realizzazione personale e

alla realizzazione dei miei obiettivi?